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La “Nirvana”, modello originale creato per il film |
Due industrie nate quasi in contemporanea, con molti punti di contatto (come la difficoltà di riconoscerne un vero e proprio unico inventore: i fratelli Lumière e Karl Benz sono semplici convenzioni) e un dialogo che prosegue ancora oggi: il cinema e l’automobile hanno, a Torino, due musei che li celebrano (entrambi – casualmente? – allestiti da François Confino) e che sanno sottolineare tutto ciò…
L’occasione della proiezione di “Nirvana“, film culto del 1997 girato da Gabriele Salvatores e interpretato dalla torinese Stefania Rocca, madrina del gLocal Film Festival 2019, è propizia per un evento speciale: la visita “cinematografica” del MAUTO, un percorso ricco di aneddoti e di raccordi tra le storie delle due industrie, oltre che – naturalmente – di modelli di auto in esposizione.
Fin dal cinema muto l’auto è stata protagonista, anche se in quei film spesso come oggetto ingombrante e complesso, spesso “nemico” del comico di turno che o ne veniva soggiogato o ne provocava, involontariamente, la distruzione. Col tempo tutto ciò è mutato, e già negli anni ’50 era diventata un vero status symbol: brilla nella collezione del museo (in cui sono esposti oltre 200 veicoli) la Isotta Fraschini originale del film “Viale del Tramonto” di Billy Wilder, esempio del posto in società che aveva raggiunto il personaggio di Gloria Swanson, Norma Desmond (“Io ho una Isotta Fraschini, non una di quelle robacce cromate tenute assieme con lo sputo!”, dice).
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Veri o presunti (come il nome Topolino dato alla Fiat 500 negli anni ’30 per alcuni debitore del neonato Mickey Mouse ma probabilmente slegato), sono numerosi i “dialoghi” tra le due industrie: la Giulietta Spider divenne mito grazie a “Il Sorpasso“, ma anche la “cugina” Sprint – presente al MAUTO – seppe farsi notare ne “La Dolce Vita“, così come la Jaguar Tipo E resa immortale da Diabolik.
Una sezione del museo dell’automobile si chiama “Goodbye, Lenin“, in omaggio al film del 2003 di Wolfgang Becker: una Trabant, modello tipico della Germania dell’Est, al centro di numerose disavventure nel film, è esposta accanto a modelli russi della Guerra Fredda.
La Ferrari 458 è esposta: primo modello della casa di Maranello ad apparire nella saga di “Transformers” (nel capitolo 3), in origine doveva avere il nomignolo di Mirage (ogni vettura nel film si trasforma in un robot), ma i diritti per usarla vennero concessi solo in cambio di una modifica nel nome. Per questo motivo quel personaggio, in tutto il mondo, ora si chiama Dino.
La bella mappa della città di Torino posta nella sezione Autorino viene usata dalle preparatissime guide per rievocare il folle percorso cittadino delle Mini nel classico “The Italian Job – Un colpo all’italiana“, mentre poco prima della conclusione del giro si arriva a un altro modello iconico (anche se non in positivo…). La Bianchina di Fantozzi, come tutti oggi la conoscono, nacque nel 1959 come versione élitaria della 500: la produzione terminò nel 1969, ma negli anni ’70 ancora se ne vedevano molte in giro. All’uscita del primo “Fantozzi” nelle sale, però, quell’auto nata come simbolo di crescita sociale è diventata sinonimo di “sfiga”, e in poco tempo nessuno volle più farsi vedere per strada a quel volante…
Il percorso si chiude alla pompa di benzina (originale) del film “Nirvana“, in cui l’avveniristica auto che prende il nome dal film è in sosta. Design ancora oggi, a 22 anni dalla sua creazione, capace di stupire, anche se il mito si spegne un po’ scoprendo che si tratta di un modello non motorizzato, che veniva spinto sul set (motivo per cui nelle scene in cui la vediamo è sempre “in frenata”). Ma il colpo d’occhio è notevole e poterla ammirare dal vero e su grande schermo, grazie al gLocal Film Festival, è un’esperienza che vale la pena.
La visita guidata è eccezionalmente organizzata domenica 10 marzo al MAUTO, con prezzo ridotto per i possessori di un biglietto del festival. Gradita la prenotazione: scrivere a prenotazioni@museoauto.it o telefonare allo 011 677666. Durata della visita: 60 minuti.