Carlotta Gamba: “Io mi sento torinese”

Domani sera alle 20,30 al cinema Massimo regista e cast presenteranno in sala il film “Amusia”. La protagonista è Carlotta Gamba, nata a Torino e qui formatasi alla scuola Germana Erba.

Che emozione prova a tornare in città?

«Qui è casa mia, anche se la mia famiglia è astigiana. Mi sento torinese, anche se non vivo più qui: tornarci ora con “Amusia” sarà ancora complesso, sono tanto presente nel film, è una bella soddisfazione ma l’emozione sarà enorme! I miei luoghi del cuore? Tantissimi, dal Quadrilatero a piazza Vittorio… e poi il Museo del cinema, che è sempre stato al mio fianco: lo si vede da quasi tutti i punti della città, ha sempre vegliato su di me, io lo guardavo e lui mi guardava».

Come le hanno presentato il personaggio?

«E’ un ruolo abbastanza complicato, ha tante cose per la testa, ha una patologia particolare e si sente sbagliata, incompresa. All’inizio del film è un groviglio di sensazioni da cui non riesce a districarsi e quindi scapperà dal luogo chiamato casa, chiamato famiglia. Ammetto che ignoravo l’esistenza dell’amusica, è stato pauroso: ho cercato di essere rispettosa nel raccontare malattia che non mi appartiene, ho provato a trasporre altre sensazioni, come quella di essere diverse, non capite… Abbiamo provato con Marescotti a trovare qualcuno che ne soffrisse ma abbiamo solo trovato un uomo la cui compagna aveva l’amusia, ma purtroppo non è più tra noi: lui ci ha riportato alcune cose, ma non è lo stesso. Poi io adoro ascoltare musica… è servita tutta la mia immaginazione, la mia empatia».

Come è stato dividere il set con un mito come Fanny Ardant?

«Molto emozionante, accanto a lei mi sentivo molto molto piccola. Ma è una sensazione che mi piace avere: ho provato sul set a rubare tutto da lei, a guardare e ascoltare cosa faceva, come si comportava. Lei ha una spontaneità unica, che mi faceva dire “va beh, come è diretta e semplice…”: ma a guardare da vicino scopri che è molto più di così! Ancora nei giorni scorsi, alla presentazione al Bif&st, ero in soggezione con lei: sono una fan emozionata».

Che sensazione si prova a rivedersi sullo schermo e a essere riconosciuta?

«Essere riconosciuta non proprio, non mi capita ancora direi! Rivedersi è strano, ci si guarda e quasi non ci si riconosce, mi piace molto come sensazione. Io amo soprattutto il lavoro prima, quello che faccio in prima persona: amo recitare, fare i film, andare sui set, ancora non ci credo che lo sto facendo davvero, sono sempre molto emozionata, sempre. Riguardarsi aiuta, i film hanno una loro vita esterna: sul set di “America Latina” Elio Germano, vedendomi spaventatissima, che siamo solo un piccolo ingranaggio di una macchina più grande. Ero appena nata cinematograficamente, mi ha aiutato moltissimo».

In pochi anni ha già lavorato con alcuni dei più grandi: come è stato essere Beatrice nel “Dante” di Pupi Avati?

«L’incontro con Avati è stato un regalo enorme, non mi sarei aspettata di poter avere con lui un vero scambio, lui ti fa appassiona con le sue passioni! Il lavoro su Beatrice è stato un vero innamoramento di lei da parte mia. Il film vuole rendere tutto totalmente umano, farlo percepire al pubblico come qualcosa di veramente accaduto, di vicino a noi. E’ stato bello scoprire sul set come l’amore – anche quello non ricambiato – sia speciale, ci siamo emozionati più volte lavorando. E’ stato bellissimo, Pupi continuava a chiamarmi Beatrice, “la mia Beatrice”… sono molto fiera».

Andando ancora indietro nel tempo, ha avuto un esordio non banale con i fratelli D’Innocenzo e il loro “America latina”.

«E’ stato quasi un trauma quando mi dissero sei tu, ti abbiamo scelta, e tuo papà nel film sarà Elio Germano! Non lo dico per piaggeria, è il mio attore preferito italiano, recitare accanto a lui è stato speciale. E poi i D’innocenzo sono stati i miei primi maestri nel cinema, li ammiro molto: sono un grande dono, non solo per me ma per tutto il settore».

Oltre ad “Amusia”, è nei cinema italiani anche con “Quando” di Walter Veltroni, in cui ha un piccolo ruolo.

«Sì, una piccola parte ma è stato molto divertente partecipare, ho dei bellissimi ricordi. Veltroni insegna la storia, non solo il cinema: ho ricevuto grandi insegnamenti, da tanti punti di vista».

Dove potremo vederla prossimamente?

«Ho lavorato sulla prima serie dei fratelli D’Innocenzo, “Dostoevskij”, che si vedrà solo nel 2024. E poi ci sono un po’ di progetti in pentola di cui non posso ancora parlare: per fortuna non mi fermo, sono contenta di poter lavorare, spero di non deludere!».