Martedì 16 maggio alle 20 al cinema Fratelli Marx gli attori Hopper Penn e Zoe Bleu presenteranno al pubblico torinese il loro film “Signs of love“. I due (figli d’arte, lui di Sean Penn e Robin Wright, lei di Rosanna Arquette) interpretano Frankie e Jane. Il ragazzo vive in un quartiere difficile e viene da una famiglia complicata, lei è di un’altra classe sociale ma è sorda e vive la sua condizione con serenità, pur negli impedimenti pratici. Quando si conoscono nasce l’amore, che sarà fondamentale per le loro vite. Li abbiamo intervistati.
Quanto sentite di assomigliare ai vostri personaggi, e perché? Quali sono state le maggiori difficoltà per girare questo film?
Hopper: «Non direi di essere simile al personaggio ma sicuramente l’ho portato nella mia vita e ho usato le mie esperienze ed emozioni per guidarlo. La più grande difficoltà nel girare questo film è stato il piccolo budget che avevamo con cui lavorare!».
Zoe Bleu: «Jane vede oltre il caos e la criminalità che circonda la vita di Frankie. Jane e io comprendiamo entrambe che l’amore è sconfinato e non giudica, senza parole lei usa il suo amore come una freccia per indicare a Frankie un percorso di vita migliore. Mi sono innamorata sia di Frankie che di Jane e porto con me le lezioni di quelle relazioni personali in tutto ciò che faccio oggi. La più grande difficoltà per me è stata imparare la lingua dei segni in così poco tempo. Abbiamo anche girato nel pieno del periodo di blocco della pandemia globale. Ma a parte questo, il film è stato davvero divertente da realizzare. Sembrava di essere in famiglia sul set! Quando fai ciò che ami per vivere, a volte non sembra quasi un lavoro, soprattutto se ami la tua squadra».
Cosa vi ha convinto ad accettare il ruolo?
H: «Sentivo di poter gestire questo ruolo e interpretarlo bene, ero molto fiducioso fosse giusto per me. E poi mi fidavo di Clarence, il regista!».
Z: «Mi sono subito innamorata della storia tra Frankie e Jane. Sono anche una ballerina e quindi l’opportunità di imparare l’incredibile lingua che è la lingua dei segni statunitense è stata super eccitante! Poter usare il mio corpo come strumento per un diverso tipo di comunicazione rispetto a quello a cui sono abituata sembrava molto allettante. La lingua dei segni sembrava ballare con le mie mani e l’ho adorato!».
Essere figli d’arte influisce sulla vostra vita artistica, anche eventualmente in negativo? Vi hanno dato qualche consiglio?
H: «No, per me non significa nulla, davvero. Non ho chiesto loro alcun consiglio per la mia carriera».
Z: «Sono grata di essere cresciuta nel circo di artisti che è la mia famiglia… ogni membro mi ha insegnato qualcosa di importante nella mia vita che posso usare per la mia carriera. Ammetto che a volte può sembrare una grande pressione essere paragonata alla somiglianza con mia madre e mia zia, ma penso che per ogni figlio di un genitore di talento sia sempre difficile affermarsi come artista, specialmente se sono nello stesso campo dei loro genitori. Non sono preoccupata per niente da tutto questo né mi interessa la meschinità dell’opinione che la gente ha di me, sono qui solo per cercare di sopravvivere e di fare l’arte che mi rende felice, niente di tutto ciò ha a che fare con la mia famiglia».
C’è molta speranza in questa storia: cosa ne pensi degli Stati Uniti oggi? E per il futuro? C’è spazio per la speranza?
H: «Penso che gli Stati Uniti siano completamente fottuti, ma credo che ci sia sempre speranza: abbiamo ancora molta strada da fare prima di poterlo vedere, onestamente parlando. Però far parte degli Stati Uniti è fottutamente imbarazzante».
Z: «Gli Stati Uniti, e tutto il mondo del resto, sono pieni di molto dolore, paura e folle narcisismo. Questo film genera speranza, un senso di altruismo e ci ricorda il potere dell’amore e la forza dei sacrifici che le persone fanno ogni giorno per aiutare coloro che amano».