Una giornata con “Satantango”. Il racconto

Qualche settimana fa, alla notizia dell’evento, la voce sui social tra i cinefili si è diffusa rapidamente: domenica 29 settembre al cinema Massimo proiezione integrale delle 7 ore e 11 minuti di “Satantango, sarà presente Bela Tarr. L’evento è diventato immediatamente imperdibile, le prenotazioni sono fioccate anche da diverse parti d’Italia e – nonostante la paura fino all’ultimo che il Maestro ungherese non si presentasse (come già accaduto in passato) – la tensione, l’eccitazione era palpabile.

Già trenta minuti prima dell’inizio era chiaro che non tutti coloro che si erano presentati in via Verdi sarebbero riusciti a entrare: saranno almeno una trentina coloro che non ce la faranno (ma alcuni, resistenti e fortunati, saranno poi ammessi al Q&A finale, circa 9 ore dopo…). Accaparrarsi un posto nella sala Mario Soldati diventa una “medaglietta” da apporti al petto, una voce da inserire nel proprio “curriculum cinefilo”.

-Are you ready?

-YES!!!!

-Really???

Siete pronti?“, è la domanda con cui Bela Tarr accoglie i 150 spettatori all’inizio dei 431 minuti di proiezione della versione appena restaurata per i 25 anni di vita di un film capolavoro. Al “Sì!” convinto della platea, ribatte: “Davvero???“. Effettivamente, sarà lunga e faticosa la marcia che condurrà tutti alla fine, anche se appagante in modo probabilmente inatteso dai più: Tarr è maestro nel realizzare lunghe inquadrature, lenti movimenti di camera, complessi piani sequenza. Affidarsi al suo ritmo è un impegno, lasciarsi andare totalmente un premio.

Dopo circa due ore un primo intervallo di pochi minuti, poi la seconda parte che porta oltre alla metà e alla gradita sorpresa di un ricco cestino/cena che aiuterà tutti ad affrontare le ultime tre ore di racconto. Un lungo applauso accoglie i titoli di coda, le luci si accendono e Bela Tarr è di nuovo in mezzo a noi, felice dell’accoglienza, conscio dell’esperienza che tutti noi abbiamo appena, orgogliosamente, concluso.

Non so se ve ne siete accorti, ma questo film è una commedia!“, spiega divertito. “La vita scorre, a volte si ride e a volte si piange: se non si capisce quando è il momento di ridere, non c’è speranza. Ho iniziato a fare cinema a 22 anni, ero un pazzo anarchico che se ne voleva fottere delle regole, così ho affrontato il mio percorso da regista e così vi consiglio di fare, se è questo che volete. Anche se fossi rimasto povero, non era importante: Satantango è un po’ più lungo del normale, un po’ diverso dagli altri film? Perfetto! Questo volevo. Siamo tutti diversi, non dovremmo accettare le regole della società: se lo fai, sei fregato per sempre, per questo evito di dare troppi consigli a chi me li chiede… Sei adulto, sei libero: cambia ciò che non ti piace della tua vita, fai i film come li vuoi fare, vivi come preferisci!”. 

La vita è fatta di tempo e di spazio. I film di solito tagliano tutto ciò che non sia azione, io odio lo storytelling! Voglio che nei miei lavori ci sia la vita. Potrei raccontare tutto Satantango in 25 minuti: a cosa servirebbe? C’è la vita dentro, e ne dura 431. Ci metto anche la pioggia, il vento, il fango, gli animali: rendo le cose reali, i miei film sono un mix di documentario e fiction molto più veri (e più difficili da fare!) del classico documentario. Non amo scrivere dialoghi e fare prove con gli attori: li scelgo perché assomiglino ai personaggi che ho in mente e poi li lascio semplicemente vivere davanti alla macchina da presa. Parleranno, staranno zitti? Non importa, anche noi nel nostro quotidiano facciamo così. Se creo la situazione giusta, tutto funzionerà al meglio“.

Amo il cinema italiano, da sempre. Pasolini e il suo linguaggio radicale, forte, personale. Fellini e il suo genio: non si può insegnare a girare come lui! Non girerò più film, ho deciso molti anni fa e non cambio idea. Mi spiace deludervi, ma è così“.

Sono passate oltre nove ore, tra film pause e incontro, ma Bela Tarr è ancora energico e ha voglia di incontrare i suoi fan, che dopo un lungo applauso lo accerchiano: chi per una foto, chi per una stretta di mano, chi per un autografo. Lui all’1 di notte è ancora disponibile e visibilmente felice: l’età media del pubblico è decisamente giovane, il cinema del Maestro ungherese saprà parlare ancora a lungo alle generazioni future.