TFF37: in Onde consueta ricerca e titoli molto attesi

Annunciato il programma di Onde, storica sezione sperimentale del Torino Film Festival. Tra i tanti titoli spicca “Vitalina Varela“, vincitore dell’ultimo Locarno Film Festival.

Spiega il curatore Massimo Causo: L’imprinting della sezione lo ha dato a inizio anno la visione a Berlino di Synonimes di Nadav Lapid, con la sua urgenza di definire l’idea di un mondo attraverso l’idea di un linguaggio incarnata in una fuga fatta di ribellione, rinuncia, separatezza e rigenerazione. Le Onde del 37 Torino Film Festival nascono da lì, dalla limpida e sapiente ingenuità di quel corpo che balla da solo il suo primo tango a Parigi, e arrivano al bagno nella notte di Fontainhas, in cui si immerge la Vitalina Varela dell’omonimo film di Pedro Costa, anche lei caduta dal cielo in una città, Lisbona, diventata idea e sogno a perdere. In mezzo la performance dei Six Portraits of Pain di Teresa Villaverde, opera lacerante sull’eterna sofferenza del presente. Tre lavori che sono gesti filmici concreti, capaci di definire uno spazio per il Cinema del presente e di sempre, nel quale ci ritroviamo attori consapevoli. Noi, e prima di noi i nostri autori.
Ecco allora Frank Beauvais, che nel lacerante Ne croyez sourtout pas que je hurle quello spazio lo costruisce materialmente, filmando il filmare, cercando la catalogazione di frammenti di film esplosi come schegge dal dolore intimo. L’esatto opposto di Cosimo Terlizzi, che in Dentro di te c’è la terra retrocede in una intimità che è infanzia della consapevolezza, inclusione del desiderio fuori dall’urgenza del mondo. La materialità storica dei luoghi diventa spazio identitario filmabile al di là o anche dentro la confusione del presente, come accade a Emmanuel Parraud in Maudit!, che si perde nei luoghi fantasmatici di La Reunion, distretto francese nell’Oceano indiano, per trovare un film posseduto e fuggiasco, quasi un perfetto sinonimo di Synonimes… Un po’ come lo svedese John Skoog, che in Säsong libera l’identità fantasmatica dei suoi protagonisti nella indefinitezza aurorale, o forse crepuscolare, di uno spazio che potrebbe essere al tempo stesso arcaico e primigenio. C’è poi il corpo sacro e profano dell’artista, quello dello stesso Pedro Costa che ombreggia nella scansione del suo cinema in Sacavém di Julio Alves.
Altrove, in Argentina, l’autobiografia della regista e attrice Romina Paula diventa traccia di una reiterazione di sé che riparte De nuevo otra vez, «di nuovo un’altra volta», allineando le generazioni familiari così come le ipotesi della propria condizione esistenziale. Biografie familiari reali e immaginarie comuni che del resto appartengono anche a Lucia Margarita Bauer e al suo Maman Maman Maman. E poi ci sono le linee di tendenza, le confluenze che impongono questioni. Il cinema brasiliano, per esempio, la realtà più flagrante del cinema mondiale, che approda in Onde con due film che ne riflettono la matrice storica e la spinta innovativa: Ontem Havia Coisas Estranhas no Céu di Bruno Risas, in cui la disarticolazione del tempo esistenziale e dello spazio reale del regista e della sua famiglia incarna la spinta in avanti, e Sofà di Bruno Safidi, che recupera la linea performativa politica e poetica di una tradizione filmica brasiliana che ha indubbiamente lasciato il segno. E i filmmaker italiani più estremi (oggi li chiamano «fuori norma», noi lo diciamo da tempo), quelli che espongono la pulsione del filmare alla scarnificazione delle immagini e dei suoni: Carlo Michele Schirinzi, che con il secondo lungometraggio Padrone dove sei prosegue nel suo cammino dolente e rabbioso; Canecapovolto, che in Memra affronta l’atto mancato della memoria; Mauro Santini, che riecheggia la memoria visiva e sonora di luoghi immaginari in Megrez; Salvo Cuccia, che in La pelle del tempo incide graffiti sulla celluloide pornografica emersa dal cinema del passato; Giuseppe Boccassini, che in La notte salva materializza macrovisioni bigger than life; Bruno Bigoni e Francesca Lolli, che in Voglio vivere senza vedermi studiano la trasfigurazione tra vita e morte nel desiderio di essere al mondo; e l’immancabile Tonino de Bernardi, che trova in Tolstoj le pagine di una Resurrezione affidata al suo perenne filmare la resistenza dei viventi…