Corneliu Porumboiu: “La Gomera nasce da un fischio”

Dopo il concorso all’ultimo festival di Cannes, “La Gomera” del regista rumeno Corneliu Porumboiu è in Festa Mobile al Torino Film Festival numero 37 (e a gennaio sarà in sala: qui la nostra recensione). Abbiamo colto l’occasione per intervistarlo, regista tra i più interessanti della new wave rumena degli ultimi decenni.

La Gomera è un film totalmente diverso da ciò che ha realizzato finora. Come è nata l’idea? 

Una decina d’anni fa vidi un servizio televisivo in cui raccontavano l’esistenza nelle isole Canarie di questo linguaggio fatto di fischi, il siblo. Stavo finendo, in quel periodo, il mio film Politist, adjectiv. Mi ha molto incuriosito quella notizia e allora ho iniziato a fare ricerche, ho letto moltissimo al riguardo, soprattutto sulla difficoltà di impararlo… Ho scritto un soggetto su tutto ciò, scritto e riscritto a dire il vero più volte in questi anni, e ho iniziato a lavorarci davvero solamente dopo aver completato Il Tesoro. Ho voluto immaginare il personaggio che abbiamo conosciuto in Politist, adjectiv, dieci anni dopo, alle prese con questo linguaggio così speciale: unendo queste due cose, lui e il fischio, il film è nato.

In che modo quel fischio è importante nella storia?

Intanto ammetto che io non so fischiare in quel modo! Ma mi piace moltissimo, perché è un modo unico di comunicare e anche perché il processo di insegnamento è talmente duro… Ho voluto scrivere il film basandolo proprio sul fatto che per il protagonista fosse necessario impararlo: abbiamo così una sorta di doppio movimento nella narrazione, il presente e i flashback. Questo linguaggio fatto di fischi in un certo senso semplifica le cose, i pensieri (non si possono lanciare messaggi troppo lunghi…): doversi applicare in quella direzione con intensità lo cambia, anche interiormente. Questo modo di comunicare per me è sia divertente sia poetico, è qualcosa di ancestrale…

Il film è ricco di riferimenti al cinema classico, come mai?

La nostra realtà è plasmata intorno al cinema! Questi personaggi per sopravvivere devono inventarsi altre personalità, devono impersonare un altro sé – davanti alla polizia, davanti ai complici, … E poi, se domani tu andassi in un motel e facessi la doccia, ti verrebbe naturale pensare a quella scena di Psycho!
Siamo formati dal cinema, volevo giocare con tutto questo. Naturalmente ho guardato molti film noir per prepararmi, mi è piaciuto tantissimo calarmi in questo mondo così classico.

La struttura del film è molto complessa, è una vera sfida per lo spettatore seguirne l’incedere.

Per me era importante che alla fine lo spettatore capisse tutto, anche se verso metà del film probabilmente si sarà sentito perso… Penso che alla fine tutto si capisca, o almeno quasi tutto!
A metà della narrazione ho posto il capitolo dedicato alla madre, che non è importante per la storia ma lo è per il cambiamento interiore del personaggio principale.
La struttura a puzzle, con capitoli diversi per i vari personaggi (e colori differenti per ognuno), un po’ complica, me ne rendo conto. Ma credo che da quel capitolo centrale sulla mamma in poi tutto si inizi a chiarire.

E ora? Dopo un film come questo in che direzione si muoverà il suo cinema?

Dipenderà dal soggetto. Ho dimostrato nella mia carriera di saper lavorare con piccoli budget e, come in questo caso, anche con produzioni più grandi.
Per me è fondamentale la storia: a seconda di cosa vuoi raccontare troverai il modo migliore per farlo. Voglio prima aver chiaro cosa dire, da lì troverò il modo ideale per metterlo in scena… magari sarà un film di fantascienza, chissà!