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Enrico Audenino ospite di Fade In |
Si è chiuso questa mattina con l’intervento dello sceneggiatore Enrico Audenino, co-autore di “Ride” con Valerio Mastandrea e nel gruppo di autori della serie “Gomorra”, la prima stagione di Fade In – Incontri con i lavor(ator)i del cinema.
Quattro appuntamenti (i precedenti con Sara Sagrati, Massimo Arvat e Letizia Gatti) in cui mettere a confronto i lavoratori del cinema torinese (e non solo) con gli studenti dell’Università di Torino. Un progetto a cura di Dario Cerbone, Davide Leo e Giorgio Beozzo che ha saputo incontrare il favore e l’interesse degli studenti, creando un ponte concreto e pratico utile (si spera) a chi è sul punto di scegliere in quale delle tante strade possibili del “lavorare nel cinema” si senta più adeguato.
Bella chiacchierata quella con Audenino, arrivato a lavorare come sceneggiatore un po’ per caso, dopo un percorso di studi totalmente “altro” (“Ma ho capito che aver tradotto per anni l’Iliade mi è stato utile per entrare nell’epicità dei personaggi di Gomorra, quindi davvero ogni cosa che si fa nella vita per quanto apparentemente lontana dal ‘focus’ può essere utile”, ha detto lo sceneggiatore) è arrivato a fare quello di mestiere.
Qualche provino da attore, qualche lavoro non specializzato sui set, i primi lavori su corti autoprodotti prima di trovare la sua strada (“Sapevo che volevo lavorare nel cinema fin dalle medie, ma per molti anni non sapevo proprio in che modo e in che direzione andare”), qualche prima apparenza di successo, come la possibilità di creare un’opera prima nel lungometraggio (Maicol Jecson) diventata un calvario lungo quasi 7 anni in cui nessuno alla fine è stato contento di quanto fatto (“Il senso di fallimento è stato duro da superare, anche se oggi lo vedo con un momento formativo fondamentale per quello che faccio adesso”).
Un percorso di studi sghembo, con un Master alla Cattolica e tanti altri tentativi falliti, una rete di conoscenze che a furia di muoversi fare e scambiarsi esperienze gli ha aperto, nel corso degli anni, piccole o grandi opportunità che ha saputo sfruttare. “Da un piccolo contest ho avuto l’opportunità di vedere realizzata una webserie, Connessioni. Ho chiesto di poter seguire il set da vicino, passando un mese a Roma non tanto per controllare che facessero quanto avevo scritto ma più per vedere come i miei testi diventassero il film. Da un incontro sul set sono stato poi presentato a Valerio Mastandrea, che mi ha poi chiesto di aiutarlo a scrivere Ride“.
E poi Gomorra: “Lì sul set non ci fanno andare, si gira in un contesto troppo complesso e meno persone ci sono meglio è. Ma ho partecipato a tante letture con gli attori, a tutte le fasi precedenti le riprese. La parte che amo di più del mio lavoro è costruire le storie, parlando e incontrando le persone: lo ‘scrivere’ vero e proprio non mi piace molto, anzi, fosse per me non lo farei proprio… Ma creare storie spostandomi, andando nei luoghi, dialogando con la gente è ciò che voglio davvero. Ora sto lavorando a una serie per Netflix, ho scoperto che la vera America è da noi, ci sono molte più possibilità stando qui che non spostandosi oltre oceano, per assurdo. La scrittura è attualmente il miglior campo in cui lavorare nel cinema, per un giovane”.