Victoria Musci, animatrice torinese formatasi al Centro Sperimentale di Cinematografia di Animazione, presenta mercoledì 10 maggio per la prima volta il suo cortometraggio “Tufo“, prima di portarlo in Rai (martedì 23 maggio, alle ore 16, su Rai 3 e RaiPlay, in occasione della Giornata per la Legalità) e della prestigiosa anteprima in concorso al Festival International du Film d’Animation di Annecy (11-17 giugno 2023).
Victoria, come nasce questo progetto?
«Tutto nasce da una mia collaborazione con Libera intorno al 2012, facevo per loro delle illustrazioni per alcuni progetti sulle cascine confiscate alla mafia a Torino. Sono poi passata a lavorare sulle storie di testimoni di giustizia, l’animazione è perfetta per nascondere l’identità delle persone di cui si parla, che rischiano la vita. “Tufo” nasce da lì, anche se è un progetto indipendente da Libera: ho incontrato il testimone di giustizia Ignazio Cutrò nel 2014, era uno dei pochi che viveva a viso scoperto. Ho pensato che andasse raccontata la sua storia anche per dare speranza che le cose in Italia possono cambiare, migliorare, aveva dato coraggio a me e volevo trasmetterlo agli altri».
La scelta di mescolare animazione e immagini dal vero come nasce?
«L’idea era di usare la stop motion, all’inizio, poi in realtà l’ho abbandonata abbastanza presto. Ho pensato che fosse importante mostrare i luoghi in cui si sono svolte le vicende reali, quindi il mix nasce così, per dare una maggior patina di realismo alla storia. Volevo fare addirittura un documentario puro, usando interviste come audio, ma poi ho pensato che per il pubblico sentire qualcuno che parla davanti al microfono è inconsciamente rassicurante, sa che è vivo e sta bene e non si emoziona nel modo corretto. Ho scelto quindi la finzione, ma mantenendo la massima accuratezza».
Il primo evento di presentazione di “Tufo” non è banale.
«Vero, per me è molto significativo perché è sempre stato pensato per gli adolescenti, i ragazzi del liceo che iniziano a chiedersi in che paese abitano, che tipo di regole sociali ci sono, cos’è la mafia. E poi il primo contatto con Libera cui accennavo mi arrivava da una mia insegnante, così si chiude un po’ un cerchio. “Tufo” finalmente trova il suo pubblico, sperando sia veramente interessante per loro. Ci tenevamo a fare un bel lavoro».
Quali sono state le ispirazioni artistiche?
«L’animazione che mi ha ispirato è quella di “Persepolis”, “Flee”, “Valzer con Bashir”: amo l’idea di trattare tematiche molto dure con un linguaggio esteticamente bello, anche più accessibile. Abbiamo curato molto il design dei personaggi, i colori… ho anche fatto tanto lavoro sull’integrazione tra disegni e realtà, doveva essere evidente l’amore del personaggio verso la sua terra. Ci tenevo, è il punto di vista non di un mafioso pentito ma di una persona normale che dalla mafia è stata ostacolata: non è un eroe ma una persona qualunque che cerca di avere vita normale. dignitosa».
E il futuro come animatrice dove la porterà?
«Anche in futuro mi piacerebbe molto continuare sulla strada dell’animazione a sfondo civile, è un campo che mi interessa molto. Ma come Ibrido Studio non faremo solo questo, vogliamo mantenere viva l’animazione come linguaggio comico, leggero, cercando però sempre più di sdoganarla anche per il pubblico più maturo, non solo per i bambini».