“Zamora” a Torino, parlano Neri Marcoré e Alberto Paradossi

Il ritorno a Torino dopo le riprese durate sei settimane nell’ottobre 2022, sostenute dalla Film Commission Torino Piemonte, per Neri Marcoré – qui al suo esordio dietro la macchina da presa – e il protagonista di “ZamoraAlberto Paradossi: il film, proiettato in città anche all’Eliseo, al Reposi e nei circuiti The Space e UCI Cinemas, è al centro di una serata speciale organizzata dall’Ideal Cityplex lunedì 8 aprile, alla presenza di molti membri della troupe tra cui Stefano Sorrentino, ex-portiere di Torino e Chievo qui consulente per rendere credibili le gesta da portiere di Paradossi. 

Nel film, tratto dall’omonimo romanzo di Roberto Perrone, si racconta la storia di Walter Vismara, trentenne nella Lombardia del 1965 che per tenersi stretto il suo nuovo posto di lavoro deve improvvisarsi portiere e giocare nella squadretta di calcio aziendale a cui il suo capo tiene quasi come a un figlio. Non ha mai giocato in vita sua e per evitare troppe figuracce chiederà aiuto a un ex-portiere di Milan e Nazionale, rovinato dall’alcol e dal gioco d’azzardo, interpretato dallo stesso Marcoré. 

«Come sta andando al botteghino? Questo fine settimana è andata così così, c’è stato un netto calo delle presenze in sala rispetto al weekend di Pasqua anche a causa del bel tempo: il passaparola (aggiunge sorridendo, NdI) non può che essere formidabile, alle anteprime che stiamo facendo in giro per l’Italia c’è gente che si inginocchia di fronte a noi e ci bacia le mani! Ci dicono che questo film è un gioiellino… abbiamo grosse aspettative da questa settimana in poi, sperando anhe che piova! Spero che il pubblico abbia il tempo di scoprirlo in sala: questa è una commedia in cui si ride molto ma ci si commuove anche. Il cassiere del cinema di Napoli in cui eravamo l’altro giorno lo ha definito un film “squisitissimo“, mi piace molto questa definizione», commenta il neo-regista, che ha sospeso per un paio di settimane la tournée teatrale per dedicarsi alla promozione del film, pronto da oltre un anno ma in sala solo dallo scorso 4 aprile. 

Il film è ambientato a Milano ma girato quasi esclusivamente a Torino, con il supporto della locale Film Commission. «Nella mia carriera – aggiunge – ho girato forse più cose a Torino che a Roma. Nelle mie esperienze passate – dai miei primissimi passi nei film di Luciana Littizzetto come “Ravanello pallido” – ho visto crescere una generazione di professionisti e professioniste del cinema italiano, così sono stato pronto alla mia prima prova da regista a chiamarne alcune: le prime sono state Cristina Audisio ai costumi e Francesca Bocca alle scenografie, che ringrazio anche perché hanno rinunciato ad altri lavori per aspettare che il set partisse. Quella di Torino per me è la Film Commission che lavora meglio in Italia, lo sto dicendo ovunque, non lo dico solo qui». 

Ampio il cast di supporto coinvolto da Marcoré: da Anita Ferraioli Ravel a Walter Leonardi, da Giovanni Storti a Giovanni Esposito. Tra i tanti, anche il regista Davide Ferrario è presente in una piccola parte. «Siamo molto amici, ma volevo fargli provare per una volta il boccone amaro di vedere una propria scena girata e poi tagliata: si è arrabbiato anche perché nella vita è un bravo portiere di calcio mentre nel film, insomma…», commenta ancora Marcoré. 

Da oltre vent’anni l’attore marchigiano sogna di far diventare il romanzo di Perrone un film: «Ai tempi, però, dovevo esserne il protagonista, ora non avevo più l’età. È stato il produttore Agostino Saccà a convincermi a passare dietro la macchina da presa: mi piace molto la metafora del portiere, sempre da solo in uno sport di squadra, ma del libro mi piacevano soprattutto le trame sull’animo di questo personaggio, ci vedevo un elemento che riguarda tutti noi, l’inadeguatezza e la timidezza della mia adolescenza. Mi sembrava di poterla raccontare e quindi mi sono convinto. Ho scoperto che essere regista è anche fare scelte legate al budget, dover far funzionare tutto, sfruttare il tempo a disposizione al meglio, è anche un lavoro da economista. Mi è piaciuto farlo, come anche affrontare quella seconda regia che è il montaggio, e poi scegliere ogni singolo attore, inventarsi il colore di quegli anni Sessanta che abbiamo sempre visto in bianco e neroSono felice poi per Alberto, lo sento un po’ come un figlioccio così come lo sono stato io per Pupi Avati quando mi scelse per il mio primo ruolo da protagonista ne “Il cuore altrove”. Rivedo in lui il me di allora, l’emozione e poi la gioia di vedere riconosciuto il mio lavoro. Con lui non c’è stato bisogno di molto: era sempre preparato e pronto, ha colto al meglio l’occasione che gli è capitata». 

Alberto Paradossi, già a Torino anni fa sul set di “Guida astrologica per cuori infranti” girato per Netflix, è stato Bobo Craxi in “Hammamet” di Gianni Amelio e ha un passato anche da stand up comedian tra Londra e gli Stati Uniti. «È stata una grande gioia poter fare il mio primo ruolo da protagonista in questo film, con Neri: lo seguo da tanto tempo come fan, averlo davanti al provino e poi che mi dirigeva sul set è stato emozionante, ho vissuto tanti momenti che mi porterò dentro in futuro. Questo ruolo sta ancora fiorendo dentro di me, ci ho messo tanto di me». 

«La mia formazione – continua l’attore – è stata itinerante, vero, tra Italia, Londra e Stati Uniti: sono arrivato a questo film grazie alla casting director Barbara Giordani, con cui avevo già lavorato. Sono arrivato a Roma nel 2010, il giorno della morte di Leslie Nielsen (un mio mito) e di Mario Monicelli: poteva essere un segnale che stavo sbagliando tutto… Ci ho poi messo quattro anni per entrare al Centro Sperimentale di Cinematografia e nove anni per iniziare a lavorare ma oggi dico ‘meno male’, non avrei avuto questa consapevolezza!». 

Paradossi ricorda l’inizio di questa avventura: «Al primo provino ho pensato di fare questa parte come fossi un timido diversamente coraggioso, quello che si applica ma non ce la fa: l’idea è piaciuta a Neri, per fortuna, anche se mi ha confidato che l’aveva visto in maniera diversa. Ci siamo divertiti a costruire Walter Vismara, abbiamo lavorato benissimo insieme. I colleghi sul set sono stati fondamentali, anche se faticavo a non ridere nelle scene con Giovanni Storti, lo ammetto. Quando ti trovi a recitare con persone che per te rappresentano dei ricordi è più difficile, hai paura di non essere all’altezza di quei ricordi: all’inizio vivevo questa pressione, poi Neri mi ha dato un enorme aiuto, essendo anche attore mi capiva bene. Ricordo l’abbraccio che gli diedi a fine riprese, quando ci siamo salutati in un locale vicino a piazza Carlina: sono cose che trascendono il lavoro, sono soddisfatto e orgoglioso di questa esperienza. In porta a calcio nella vita non gioco mai, ma sono contento perché nel film c’è una parata difficile che da sceneggiatura dovevo deviare sulla traversa e ci sono riuscito senza bisogno di effetti speciali!». 

Zamora” non è un film sul calcio ma usa lo sport come pretesto, precisa il suo regista, che ha una carriera sportiva importante: «Non ho mai fatto il portiere, ma giocavo a calcio anche da ragazzino, un po’ come tutti», conclude Marcoré. «Poi mi sono dato al tennis, a 14 anni avevo anche scritto ad Adriano Panatta per chiedergli se mi voleva fare un provino… ma le vere soddisfazioni me le sono tolte da adulto, con la Nazionale attori: ho giocato a calcio con Totti e Del Piero in stadi importanti, mi sono scambiato la maglia con Zidane una volta e ho anche affrontato, evitando di farmi fregare da una sua finta, Diego Armando Maradona». 

Articolo di Carlo Griseri